Osteoporosi

L’osteoporosi è una condizione patologica che interessa le ossa deteriorando la loro struttura e rendendole più fragili. L’osso è un tessuto costituito da una solida struttura reticolare, contenente collagene (una proteina elastica), vasi sanguigni, sali minerali e midollo osseo. Negli individui più giovani e sani, il tessuto si rinnova e si rigenera continuamente e rapidamente, e quindi lo spazio tra le maglie del reticolo è limitato e l’osso è molto denso; nei soggetti osteoporotici la densità e l’elasticità ossea si riducono, con un conseguente aumento del rischio di fratture, soprattutto a livello del polso, dell’anca e della colonna vertebrale. La malattia affligge principalmente i soggetti più anziani poiché l’invecchiamento, in particolare nei soggetti predisposti, fa perdere all’organismo la capacità di rigenerare il tessuto osseo deteriorato.

Il processo di rigenerazione delle ossa viene regolato dai minerali, quali calcio e fosforo, e dagli ormoni, con gli estrogeni femminili e con il testosterone maschile. Questo spiega perché tra i soggetti più colpiti vi siano proprio le donne dopo la menopausa, periodo che inevitabilmente causa un calo della produzione di estrogeni. L’osteoporosi maschile, diversamente da quella delle donne, appare tardivamente sia perché le ossa dell’uomo sono più robuste, sia perché la riduzione della sintesi degli ormoni che controllano la densità ossea è meno rapida e drastica rispetto alla donna.

Al di là della fisiologica diminuzione della capacità di rigenerazione ossea legata all’invecchiamento delle persone, e quindi alla conseguente diminuzione della sintesi ormonale, all’origine dell’osteoporosi possono esservi cause diverse, tra cui:

– la menopausa precoce (quella che insorge prima dei 45 anni);
– l’intervento di ovariectomia (l’asportazione delle ovaie);
– l’ipertiroidismo;
– la sovrapproduzione di cortisolo (un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali);
– i disturbi delle ghiandole surrenali, come la sindrome di Cushing;
– il diabete.

Esistono quindi diversi fattori di rischio, come la presenza di osteoporosi in membri della stessa famiglia, oppure lunghi periodi di inattività fisica, l’abuso di alcol e fumo, una dieta iperproteica o ricca di fibre non digeribili, che causa così un aumento della perdita di calcio nelle urine, lunghi periodi di amenorrea (assenza del ciclo mestruale), patologie come la celiachia e il morbo di Crohn, che comportano una diminuzione dell’assorbimento dei minerali essenziali (calcio, fosforo e di vitamine come la vitamina D). Risultano essere poi fattori predisponenti anche l’assunzione prolungata di farmaci quali i corticosteroidi, l’artrite reumatoide e altre malattie del connettivo, un insufficiente apporto di calcio, i bassi livelli di vitamina D e, infine, un basso indice di massa corporea (BMI).

Molte volte i sintomi della patologia, soprattutto all’inizio, non si palesano e possono passare mesi, o addirittura anni, prima che si manifestino con una frattura dell’anca, del polso o delle vertebre. Quindi l’osteoporosi viene chiamata malattia silenziosa.

Talvolta i pazienti avvertono solo dolore osseo e difficoltà a stare in piedi, sintomi molto comuni nei soggetti anziani e pertanto scambiati spesso per manifestazioni di una semplice artrosi. Il dolore, quando è presente, solitamente è acuto, localizzato alla schiena e legato a cedimenti della struttura ossea vertebrale. In certi casi, con l’andar del tempo, l’osteoporosi può causare disabilità. Attualmente sono disponibili diversi trattamenti per la cura di questa condizione.

Le donne in menopausa possono giovarsi di una terapia ormonale sostitutiva attraverso farmaci modulatori selettivi dei recettori degli estrogeni (SERM), che agiscono sull’osso in modo simile agli estrogeni, garantendo la rigenerazione e aumentando la densità. In alternativa, sono molto utilizzati i bisfosfonati,quali l’alendronato e il risedronato, farmaci di natura non ormonale che aumentano la densità ossea e minimizzano il rischio di fratture. Negli anziani, anche la somministrazione di calcio e di vitamina D può favorire la riduzione del rischio di fratture.

La supplementazione di vitamina D o di suoi derivati (calcitriolo e colecalciferolo) risulta importante perché dette sostanze incrementano l’assorbimento intestinale del calcio, che è particolarmente rallentato nelle persone anziane. Negli ultimi anni è disponibile per l’osteoporosi un farmaco biologico, il denosumab, che è una alternativa molto efficace ai difosfonati. Un altro farmaco molto efficace, la teriparatide, è utilizzabile solo in particolari condizioni cliniche che il reumatologo saprà ben individuare. L’integrazione di calcio è consigliata in tutti quei soggetti nei quali, per i motivi più disparati, l’introito giornaliero del minerale mediante l’alimentazione risulta insufficiente.

Oltre alla terapia farmacologica, nel caso in cui il paziente presenti fratture, saranno indicati anche due tipi di interventi chirurgici, la vertebroplastica e la cifoplastica, che servono per ridurre il dolore e riportare il paziente in una condizione più stabile, simile a quella precedente la frattura. Entrambi gli interventi sono di carattere ambulatoriale, sono ben tollerati e riducono consistentemente la sintomatologia dolorosa; anche per questi casi il reumatologo saprà bene suggerire quando ricorrere a questi interventi. È infine utile indicare che nella strategia terapeutica e preventiva della malattia rientrano anche un’alimentazione corretta associata a un regolare esercizio fisico.